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 Celebri evocatori di angeli

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MessaggioTitolo: Celebri evocatori di angeli   Celebri evocatori di angeli Icon_minitimeMar Ott 09, 2012 6:13 am


Jorg Sabellicus e Fournié

Secondo Jorg Sabellicus, studioso di rituali esoterico-magici, l’angelo si manifesta come "una forma gloriosa, un suono arcano, un sigillo luminoso, che lampeggia subitaneo nella penombra. E’ un fulgore improvviso, rosso o azzurro, che ferisce lo sguardo, provocando una sensazione di sgomento, come se un brivido intenso e incoercibile si diffondesse in tutte le membra". Evocare un angelo richiede una tecnica non facile, che va affinata con lunghe e faticose sperimentazioni e con un impegno che può richiedere diversi anni.
Più di venti ne impiegò, infatti, l’abate Fournié, nel XVIII secolo, per perfezionare il rito che gli permetteva di mettersi in contatto con misteriose presenze. Ricordando questo tipo di esperienza, non esitava a definirla come qualcosa in grado di procurargli sensazioni così intense da farlo rabbrividire anche a distanza di anni.

Martinez De Pasqually

Nella difficile arte dell’evocazione angelica l’abate aveva avuto per maestro una della personalità più misteriose del Settecento, don Martinez de Pasqually (morto nel 1779), discendente da una famiglia di israeliti spagnoli, convertitisi al cattolicesimo, e fondatore di un ordine iniziatico, quello degli Eletti Cohen. Il fine di quest’ordine era la restaurazione negli adepti delle condizioni di purezza che aveva Adamo prima del peccato originale, quando possedeva poteri soprannaturali e dialogava liberamente con le creature dei quattro mondi (terrestre, celeste, sovraceleste e divino). La magia cerimoniale di ogni tradizione esoterica insegna da millenni le tecniche necessarie per consentire manifestazioni delle forze ultraterrene percepibili con i sensi. Queste forze vengono visualizzate dal mago sotto forma di angeli o demoni. De Pasqually riteneva che il rito non poteva essere utilizzato per secondi fini, come il potere o la ricchezza, ma solo per conciliare il mondo visibile con quello invisibile, ripristinandone l’unità originaria. L’evocazione delle entità angeliche avveniva mediante la ripetizione costante e completa di tre diversi rituali, che dovevano compiersi il primo ogni giorno, il secondo una volta al mese, il terzo due volte l’anno agli equinozi.

Quello giornaliero consisteva in un’orazione eseguita sul pavimento del proprio tempio personale dopo essersi collocati entro un cerchio magico, precedentemente tracciato, con al centro un sigillo sacro. Il rito mensile, che aveva luogo in tre notti consecutive tra il novilunio e il primo quarto di luna, prevedeva che l’officiante , dopo aver tracciato un cerchio magico quadripartito da una croce, vi entrasse vestito di solenni paramenti e, alla luce di particolari lampade, tracciasse altri segni sacri, pronunziando una serie di nomi divini in onore dei quali spargeva incensi aromatici. All’invocazione dell’equinozio partecipavano in comunità tutti i membri dell’Ordine. Ancora una volta si tracciavano cerchi magici e simbolici e si pronunciavano invocazioni.
L’uso del cerchio nelle pratiche magiche occidentali ha un significato che può legarsi al simbolismo della figura: il cerchio infatti rappresenta il cielo e la perfezione. Protratto per anni, o addirittura decenni, il rito produceva alla fine il suo effetto e l’adepto, purificato, riusciva a stabilire il contatto con il mondo superiore mediante l’apparizione sconvolgente di un’entità ultraterrena. Questo contatto provocava un rivolgimento totale, quasi un terrore divino.

Louis-Claude de Saint-Martin

Tra i discepoli di De Pasqually, oltre all’abate Fournié, vi era pure un giovane mistico, Louis-Claude de Saint-Martin (1743-1803), che nel 1771 divenne suo segretario particolare, al posto dell’abate stesso. Come il suo maestro egli pensava che l’uomo dovesse recuperare la condizione adamitica, corrispondente a quella di "uomo di spirito". Il primo passo per ottenere questa rigenerazione consisteva nel prestare orecchio all’ansia di spiritualità che in taluni eletti si manifesta liberamente. Le sue azioni non dovevano essere esteriori, ma prevalentemente interiori. Il culto interiore di Saint-Martin si basava sulla preghiera, intesa come forma vitale del pensiero e non come recitazione meccanica di una formula ripetitiva. Egli non si considerò mai un vero e proprio maestro, ma il suo straordinario fascino poetico e la sua presenza silenziosa, malinconica e raffinata, gli aprirono le porte dei circoli intellettuali della Parigi prerivoluzionaria, avida di esperienze esoteriche e iniziatiche. Dopo la sua morte divenne noto con l’appellativo di "filosofo sconosciuto", influenzando tutto l’occultismo del secolo scorso e del presente.

John Dee ed Edward Kelley



Anche l’Inghilterra elisabettiana ha avuto un celebre occultista in grado di evocare gli spiriti del mondo ultraterreno. Si tratta di John Dee, nato nel 1527 e morto in miseria nel 1608, durante il regno di Giacomo I, nemico di maghi e negromanti. Era matematico, fisico, astronomo e cabalista. Nel suo volume Monas hieroglyphica, pubblicato nel 1564, si possono rinvenire le radici del pensiero dei Rosacroce. Grazie al favore di Elisabetta I conobbe gli onori e la gloria, ma anche la disgrazia e la miseria quando la sovrana cambiò atteggiamento nei suoi confronti. La sua vita veramente straordinaria e rocambolesca è stata descritta nel romanzo "L’angelo della finestra d’Occidente" di Gustav Meyrink. Pare pure che abbia ispirato a Shakespeare il personaggio di Prospero che, nella Tempesta, ha ai suoi comandi lo spiritello Ariel.
In un periodo della sua vita, collaborò con un certo Edward Kelley, un veggente dal passato piuttosto oscuro e fatto di sregolatezze. Un giorno un angelo apparve a John Dee consegnandogli una pietra rotonda e convessa, simile ad un cristallo nero, che permetteva di ricevere visioni dai mondi ultraterreni. Per l’evocazione questa pietra veniva posta sopra una tavola ornata di simboli e divisa in settori detti Aethyr, corrispondenti ciascuno a una particolare regione del cosmo invisibile; in ogni regione regnavano angeli e demoni che venivano evocati con particolari riti in seguito ai quali Kelley cadeva in trance.
In questo stato di coscienza alterata gli appariva nel cristallo un angelo che con una verga indicava un quadrato tracciato su una tabella detta "tavola santa". Ad ogni quadrato corrispondeva una lettera, che Kelley rivelava a Dee, il quale la trascriveva. Alla fine queste lettere veniva trascritte in ordine inverso ricavandone un messaggio nella lingua enochiana (insegnata dall’angelo a Dee), che dovrebbe corrispondere all’idioma parlato da Adamo nel Paradiso terrestre (anche Dante nel Paradiso fa riferimento a questa lingua, già scomparsa prima del tentativo di costruzione della Torre di Babele). In questo modo i due occultisti ricevettero dagli angeli notizie e rivelazioni nonché una serie di formule evocatorie da utilizzare per ottenere l’apparizione dei signori dei diversi Aethyr. Ancora oggi molte società magiche utilizzano la metodologia di contatto con i mondi ultraterreni da loro sviluppata.

Re Salomone

Ritornando indietro nel tempo, a re Salomone la tradizione medioevale attribuisce una serie di testi magici contenenti indicazioni per incantesimi di vario tipo e, soprattutto, per evocare le entità soprannaturali: spiriti legati ai segni zodiacali, diavoli e angeli.
Ancor oggi si ristampa la Clavicola, o "piccola chiave", nota in diverse versioni e in varie lingue; meno conosciuto è il Lemegeton, espressamente dedicato al dominio di entità infernali e/o celesti. L’ultimo capitolo di questo testo, in particolare, contiene un rituale completo per l’evocazione degli angeli preposti al dominio dei quattro punti cardinali (denominati "parti del mondo" o "torri").
Questo è il suo inizio: "... sappi che vi sono quattro Cori, i quali rappresentano le quattro Torri dell’Occidente, dell’Oriente, del Settentrione e del Meridione; e il tutto è diviso in dodici parti: cioè ogni parte è divisa in tre. E gli Angeli di ognuna di queste parti hanno le loro particolari virtù e i loro particolari poteri...".
Di seguito, descrive il metodo di realizzazione del talismano per le evocazioni (detto Almadel), la fabbricazione di particolari candele e del sigillo (in oro puro o argento). L’angelo del primo Coro (o Torre dell’Oriente) appare recante "in mano una bandiera con una croce bianca, il suo corpo è avviluppato in un una nuvola chiara, e il suo volto è molto bello e luminoso, e porta sulla testa una corona di rose".
"L’angelo della seconda Torre o Parte del Mondo appare in forma di un bimbo in vesti di raso, e del colore d’una rosa rossa, con una corona di rossi garofani sul capo. Il suo viso è rivolto verso il cielo ed è di colore rosso, ed è circondato d’un fulgido splendore, come i raggi del Sole". Gli angeli della terza Torre "appaiono in forma di bimbi o di donne minuscole, abbigliati in colori verdi e argentei deliziosi alla vista, e con una corona di fronde d’alloro, con bianco e colori, sulla testa. E sembrano tenere i visi rivolti un poco verso il basso". Infine, gli angeli della quarta Torre "appaiono in forma di minuscoli uomini o ragazzi, con vesti di color nero frammisto a verde scuro; e nelle mani tengono un uccello nudo; e le loro teste sono cinte da un fulgido splendore di colori diversi".
Inoltre, si legge la seguente esortazione:
Non pregate per ottenere alcuna cosa che sia contraria a Dio e alle Sue leggi, bensì ciò che Dio accorda secondo la consuetudine o il corso della natura: questo potete desiderarlo e ottenerlo. (...) Rammenta che vi sono dodici Prìncipi, oltre a quelli delle quattro Parti del mondo; e si spartiscono tra loro gli offici, e ognuno governa trenta giorni ogni anno. Sarà vano chiamare uno degli Angeli, se non è il tempo di colui che lo governa. Perché ogni Coro o Torre ha il suo tempo limitato, secondo i dodici segni dello zodiaco; ed è in quel Segno del Sole che quell’Angelo o gli Angeli appartenenti al Segno hanno dominio. (...) I Cori hanno nome e carattere formato dalla sostanza dei cieli. Perché quando gli Angeli odono i nomi di Dio che sono loro attribuiti, li odono in virtù di tale carattere. Perciò è vano chiamare qualunque Angelo o Spirito, a meno che non si sappia con quale nome chiamarlo.
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