Prendendo spunto dall’esaltazione di Saturno e dal domicilio di Venere in Bilancia, si possono trovare i corrispondenti Arcani del settimo segno zodiacale: il Saturno esaltato in Bilancia è selettivo e giudicante come la Giustizia, mentre il domicilio della bellissima Venere è ben rappresentato dalla Stella.
L’Angelo della Giustizia
Osserviamo l’VIII Arcano Maggiore: la classica figura, già famosa nell’iconografia medievale, rappresenta una donna seduta in trono con una spada in una mano ed una bilancia nell’altra. L’equilibrio esatto dei piatti della bilancia è un richiamo fin troppo evidente alla simbologia dell’omonimo segno zodiacale, nonché a quella dell’Arcangelo Michele, che ne incarna gli stessi archetipi e, non a caso, è il protagonista dell’Arcano nel mazzo dei Tarocchi Aurei.
Michele è il vero e severo combattente contro il male nel dualismo cosmico che caratterizzò buona parte del Medio Evo: la Luce contro le Tenebre, il Bene contro il Male, l’Angelo contro il Demonio nella feroce e mortale battaglia finale intesa come nemesi e catarsi ultima.
Cristianesimo arcaico, concetti mitologici celtici e filosofie del Mediterraneo orientale si fusero sincretisticamente nel personaggio alato che, in armi ed armatura, uccide il drago, personificazione delle forze oscure e ctonie, spesso mostrando nel contempo i due piatti in equilibrio di una bilancia, simbolo anche del giusto rigore necessario, della disciplina e del controllo di sé.
L’equilibrio cosmico è ripristinato e sarà poi salvaguardato nei luoghi sacri (misticamente e misteriosamente allineati) in cui il culto dell’Arcangelo Michele fu tenuto vivo per millenni: sul cono roccioso nell’isola-penisola di Mont Saint-Michel in Normandia, sul picco invincibile della Sacra di San Michele a guardia della via Francigena e della Val di Susa, così come sul promontorio del Gargano, porta dell’Oriente e della Terra Santa, già proteso verso quel luogo come un ideale dardo nel mare.
Sembra l’Arcangelo incarnazione della Giustizia pesare ogni torto del maligno, così come faceva Anubi per giudicare le anime secondo il Libro dei Morti egizio; neanche una piuma delle sue ali potrebbe sfuggire alla severità dell’analisi finale. Il nemico eterno, con ali di pipistrello di plumbea pesantezza non può avere scampo.
“Scoppiò quindi una guerra nel cielo:
Michele e i suoi angeli combatterono contro il drago.
Il drago combatteva insieme con i suoi angeli,
ma non prevalsero e non ci fu più posto per essi in cielo” (Apocalisse di Giovanni, XII, 7-
.
Così si amministra la Giustizia e si opera una saturniana selezione, discriminando anche le stagioni con l’Equinozio di autunno, esatta metà dell’anno ciclico iniziato ritualmente con l’Ariete e l’Equinozio di primavera. Non è un caso che San Michele Arcangelo si festeggi il 29 settembre, in prossimità dell’ingresso del Sole in Bilancia.
La figura dell’Arcano sembra ammonire l’osservatore a “spezzarsi piuttosto che piegarsi“, e mostra quindi il suo volto fermo frontalmente, senza alcun cedimento, senza nessuna mollezza, senza compromessi. La spada è dritta e volta verticalmente verso l’alto, pronta a scendere in fendenti mortali laddove la giusta punizione sia decretata: a quel punto non ci sarà nessuna pietà per il maligno sconfitto, né per coloro che non sono riusciti ad attraversare il selettivo crivello della Giustizia.
Non c’è Giustizia nell’eccesso di Giustizia
Nella ricerca del bello assoluto e del perfetto, che difficilmente si coniuga con le opere umane, si rischia spesso di cadere in errore. In Tarologia l’ansia ha coinvolto alcuni ricercatori perfezionisti, che, convinti di ripristinare un antico codice tradito, hanno arbitrariamente cambiato l’ordine degli Arcani Maggiori sistemando la Giustizia all’undicesimo posto, relegando così la Forza all’ottavo. Tale operazione a prima vista sembrerebbe avere senso, in quanto colloca la Giustizia al centro dei ventidue Arcani Maggiori, così come la Bilancia, settimo dei dodici segni, è nel mezzo dello Zodiaco. Ma questa purtroppo è l’unica giustificazione esistente, e non tiene conto dei riscontri storici. Inoltre, come dimostro nel libro I Tarocchi Aurei (pag. 16), stendendo le ventidue carte nel loro ordine canonico secondo uno schema di cinque colonne che tenga conto delle corrispondenze astrologiche ed elementali, la Giustizia (VIII) si va a collocare proprio al centro esatto (il giusto mezzo) del diagramma.
Una tale tendenza alla perfezione ed all’equilibrio coinvolge talvolta anche i nativi del segno della Bilancia in azioni giudicanti avallate da Saturno, ovvero nella ricerca della bellezza estetica, in prevalenza dell’energia di Venere.
Nella maggior parte dei casi, per fortuna, ci sarà un connubio di diverse forze planetarie teso magari alla dialettica forense, o, più semplicemente a quella conviviale, tanto cara a questo segno; sempre, però, avendo come stella polare l’Arcano della Giustizia in un’ideale costellazione con la vera e propria Stella dei Tarocchi.
La Stella più bella
Come si è detto, l’Arcano della Stella possiede numerosi riferimenti a Venere, stella vagante della bellezza e dell’armonia, che appare al tramonto come Vespero ovvero all’alba come Lucifero. Le otto punte delle luci celesti sono forse l’indizio più rilevante, ricordando che il bel pianeta era così rappresentato sia nelle antiche tavolette sumere, sia, per fare solo un altro esempio, nei disegni tradizionali dei nativi americani. Nella figura del XVII Arcano Maggiore Venere è spesso accompagnata da altre sette luci nel cielo, evidente allusione alle Pleiadi e quindi al segno del Toro, domicilio alternativo a quello della Bilancia. I polinesiani di Bora Bora ancora chiamano le Pleiadi i “Sette Piccoli Occhi” e l’Evangelista Giovanni richiamò espressamente il “mistero delle sette stelle” nella sua opera più mistica e incompresa (Apocalisse, I, 20): poche culture sono rimaste indifferenti di fronte alla bellezza di questo ammasso stellare, che in realtà conta molti più astri di quanti l’occhio umano possa osservare, ma che, con le sue sette inconfondibili luci ha guidato i navigatori mediterranei per millenni.
Nella carta appare inoltre una Venere personificata dalle chiome fluenti che versa liquidi da due diverse brocche in un’acqua limpida che riflette il chiarore delle stelle. Ciò significa che Venere riversa sulla Terra ciò che il Cielo dona dall’alto, in ottemperanza a quanto Ermete Trismegisto affermava nella Tavola Smeraldina:
“Ciò che è qui in basso è come quello che è in alto.
E ciò che è in alto è uguale a ciò che è in basso.
Lo spirito invisibile e vitalizzante è un fuoco invisibile
celeste e vivente e vitalizzante
che tutto nutre, conserva e realizza“.
In effetti, il firmamento sembra dividere l’alchemica acqua “di sopra” (lo Spirito) dall’acqua “di sotto”, cioè le acque presenti sul nostro pianeta e nella sua aurea, e nel Tarocco la Stella si offre come tramite fra queste energie astrali e la Terra: un canale di quella forza spirituale che talvolta è interpretata come ispirazione, mentre è spesso madre dell’arte più sublime.
Le acque spirituali versate dalle due anfore purificano e rivitalizzano la Terra, che diventa così fertile e pronta a donare a sua volta i propri frutti. L’acqua che vive sulla Terra di vita divina e celeste è un liquido purificante e vitalizzante come quello di un ideale fonte battesimale cosmico sotto l’influsso benevolo della Stella.
Nell’immagine la giovane è nuda, come si conviene ad una Dea che non nasconde le proprie grazie, né ha niente altro da nascondere. La Dea esprime così distacco e purezza; ma flette un ginocchio piegandosi come per rendere omaggio alla natura, al mondo, agli Elementi.
La Stella è qui una guida divina che invita all’azione purificata dall’inquinamento dei sensi, una Venere Urania che riceve (dal Cielo) e dona (alla Terra) in un ciclo di energie cosmiche sempre in movimento; distante dalla Venere Pandemia, più vicina forse ai gusti popolari che trovano migliore asilo nel domicilio taurino. Si comprende così che la bellezza assoluta e perfetta è quella che non possiede origine terrestre, ma che talvolta si incarna per mostrare la benevolenza del Cielo verso gli uomini. È un ideale di perfezione a cui tendere, così come l’equilibrio instabile dei sensibili piatti della Bilancia.
Nello stesso modo la pura arte, quella così divina da non avere alcun fine materiale, arriva dalle ignote profondità del cielo stellato come vibrazione sottile. Le anime più pure e sensibili sono in grado di captarla, rielaborarla e tradurla per il volgo, che ne apprezza spesso il mero aspetto estetico senza penetrarne i misteri.
“Et ignotas animus dimittit in artes“, cantava Ovidio. E mai le sue parole furono così ispirate